«Mostro, qual è la differenza fra Bene e Male?»
«Bene è ciò che desideri, Male quello che non conosci».
«E, a tuo parere, la Virtù cos’è?»
«Solo un modo per impedirti di fare quello che piace a te».
Se il Mostro commettesse un delitto
sulla scena del crimine
lascerebbe i suoi fluidi organici dappertutto.
Forse per questo motivo rimane onesto, nonostante tutto.
Il Mostro disse alla bambina:
«A volte mi illumino di immenso».
«Cioè diventi immensamente mostruoso?»
«E tu non sai quanto sia meraviglioso».
Come illuminarsi di brutto
Il Mostro si inoltrò all’interno di un bosco dove incontrò una pecora.
L’animale belò e lui disse: «Complimenti. Lei si esprime con un magnifico tono di voce». Proseguendo la passeggiata, si imbatté in una mucca dalle zampe esili con un’ampia macchia scura sulla fronte.
Appena la bestia muggì, il Mostro si congratulò: «Il suo verso possiede qualcosa di mansueto e insieme solenne che ricorda il canto gregoriano».
Addentrandosi ulteriormente, ascoltò il ronzio di un’ape e notò come perfino quella piccolissima creatura fosse dotata di una chiave espressiva tutta sua.
Decise così di elaborare anche lui un verso che lo avrebbe reso diverso dagli altri esseri viventi.
Uscito dal bosco, si recò da un maestro di musica.
«Secondo lei, quale potrebbe essere il mio verso?» chiese.
Il musicista lo invitò a strimpellare le corde di una chitarra e constatò che lo strumento si scordava appena l’allievo lo sfiorava con le dita: «Se mai troverai la tua voce, di sicuro non potrai intonarla su uno strumento» disse.
L’Essere, per nulla scoraggiato, si recò da un otorinolaringoiatra. Nutriva il sospetto di non possedere una laringe adatta al conseguimento dell’obiettivo che si era prefissato.
«Considerato il mio aspetto ehm... un po’ particolare, lei crede che potrei emettere un verso tutto mio?» chiese.
Lo specialista avrebbe volentieri cacciato il paziente dallo studio. Ma non poteva venir meno al giuramento di Ippocrate.
«Mostrami la laringe» disse.
L’Essere spalancò la bocca.
«Tu non potrai mai emettere alcun verso» rise il dottore. «Tutt’al più potresti abbozzare qualche sgangherato brano di prosa».
Il Mostro scese in strada e si accasciò sul marciapiede.
«Per favore, aiutatemi a trovare il mio verso» mormorò ai passanti con voce querula, quasi chiedesse l’elemosina.
Le donne, vedendolo, fuggivano via impaurite.
Gli uomini, anche quelli più vigorosi, non si comportavano in maniera diversa perché i mostri, si sa, fanno paura a tutti.
Sul far della sera passò da quelle parti un ragazzino che, a differenza degli adulti, non s’impaurì. Essendo un accanito lettore di romanzi dell’orrore, vantava una certa familiarità con gli incubi.
«Sei un Mostro» gli suggerì «perciò devi trovare un verso che rispecchi la tua personalità».
L’Essere pensò che forse il bambino non aveva tutti i torti.
Lo ringraziò e tornò nel bosco.
Incontrò di nuovo la pecora che brucava, la mucca che pascolava, l'ape che svolazzava.
«Ho una sorpresa per voi» disse.
Le creature lo seguirono incuriosite.
Il Mostro raggiunse una quercia poco lontana e si accovacciò sulle sue radici. Trascorse un bel po’ di tempo ma non accadde nulla che somigliasse anche lontanamente a una sorpresa. Finché gli animali si spazientirono. La mucca batté le zampe anteriori sul terreno come se avesse voglia di caricare. La pecora increspò il muso perché, contrariamente a quello che si crede, è un animale irascibile. L’ape non punse il Mostro solo perché le sembrava poco prudente entrare in contatto con le sue carni ulcerate.
Alla fine, rompendo gli indugi, le creature andarono via mentre l’Essere, seduto ai piedi dell’albero, accennò un amaro sorriso.
Esibendo la propria bruttezza in silenzio, aveva manifestato quello che d’ora in poi sarebbe stato il suo verso. Ma i suoi interlocutori, dimostrando a suo parere scarsa sensibilità, non l’avevano capito.